E’ il piatto che identifica la Spagna, la sua cucina classica, lontana dalle sperimentazioni moderniste di Adrià e soci; per gli spagnoli è il piatto delle feste, che mette assieme tutta la famiglia attorno ad un tavolo.

Il primo riferimento al nome padella – per indicare un recipiente largo e basso, dotato di manico, per cuocere – lo si trova nell’Opera, testo gastronomico di Bartolomeo Scappi, cuoco del papa Pio V nel secolo XVI. Si ritiene che il termine sia entrato in uso nel regno di Napoli, dove regnava la corona spagnola, per essere poi esportato verso la madre patria, dove un recipiente simile veniva invece chiamato sartèn. La paella o paellera è quindi una padella (o sartèn) alla quale l’unico manico lungo è stato sostituito con due manici piccoli, per un più facile trasporto. Un’altra teoria più romantica circa l’origine del nome prevede che il piatto sia stato creato per conquistare il cuore di una bella fanciulla; il piatto fu chiamato “per lei” – pa’ella, in spagnolo.

La Paella Valenciana secondo la ricetta originale
Un tratto fondamentale della preparazione è il suo consumo nel contenitore in cui veniva preparata, vero e proprio rito comunitario che metteva assieme la famiglia o più famiglie contadine, soprattutto nel giorno di festa, motivo per cui si preferirono due maniglie piccole. La preparazione della paella ha origine nei dintorni di Valencia, dove si coltivava il riso, introdotto secoli prima dall’Asia, e dove veniva anche coltivato un altro ingrediente fondamentale, portato invece dagli arabi: lo zafferano.

Umili, contadine le origini della ricetta: gli ingredienti della paella originale sono da ricercare tra gli avanzi della cucina dei signori che – nel ‘600 – costituivano la base dell’alimentazione delle classi meno abbienti. L’entroterra di Valencia era inoltre coltivato in maniera estensiva e riforniva tutta la Spagna di ortaggi, così come di polli e conigli. La prima paella – con molta probabilità – oltre al riso conteneva carciofi, fagiolini, coniglio e lumache. Le evoluzioni successive della ricetta portarono all’aggiunta dello zafferano, di altre verdure, quali pomodori, peperoni, piselli e all’introduzione del pollo e dell’anatra; la vera Paella Valenciana è diventata quindi un trionfo barocco di riso, verdure e carni. Il pesce fu introdotto molto probabilmente in una versione mista successiva: prevalentemente anguille, abbondanti nella vicina laguna di Albufeira.

La paella Valenciana non solo è diventata piatto nazionale spagnolo, ma internazionale e simbolo della gastronomia Iberica. Le versioni della paella maggiormente diffuse sono, oltre alla Valenciana, la Paella de Mariscos, con frutti di mare, calamari, seppie e crostacei, cotta con brodo di pesce, e la Paella Mixta, detta anche Mar y Montana, che contiene sia pesce che carne – tipica del sud di Valencia, e detta anche Alicantina.

paella_01

Le migliori paelle – le pentole – sono in ferro battuto e prodotte (che l’avrebbe mai detto) a Valencia; vanno conservate con un velo d’olio protettivo per evitare che si ossidino. Le dimensioni vanno da un minimo di 28 cm di diametro – per due persone, circa 200 gr di riso e 0,7 lt di brodo –  a un massimo di 65 cm per 20 persone. La cottura va eseguita su fiamma viva – prima si cuoceva direttamente su legna ardente – facendo attenzioane a non far bruciare il fondo del riso in cottura.

Se volete cimentarvi nella preparazione casalinga, qualche suggerimento degli chef:
– Per preparare una vera Paella Valenciana bisogna utilizzare la varietà di riso bomba, a chicchi corti, quasi delle piccole perle
– Se il riso sul fondo è già pronto, mentre quello in superficie è ancora troppo al dente, spegnere il gas e coprire con un giornale, in modo che si completi la cottura
– Se le verdure sono molto acquose, va diminuita la quantità di brodo – normalmente circa 1,5 lt ogni 400 gr di riso
– A metà cottura, abbassare la fiamma e coprire la paella con un panno umido, in modo da intrappolare il calore
– Far riposare sempre 10 minuti la paella al termine della cottura

Un paio di curiosità: durante la guerra civile spagnola era proibito ai soldati cucinare la paella all’aria aperta, dato che Valencia era fieramente antifranchista.
Esiste una paella di spaghetti, non è una invenzione di qualche chef contemporaneo. Si tratta della Fideuà, dal nome delgi spaghettini utilizzati, i Fideos. La Fideuà si prepara esclusivamente a base di pesce, nella stessa pentola utilizzata per il riso, la paella.