Aaaaanni, erano aaaanni che volevo andarci, ma niente da fare: un po’ per il mio vizio di decidermi sempre all’ultimo momento, un po’ per il pubblico che anno dopo anno aumentava in maniera esponenziale, purtroppo trovavo sempre gli alberghi pieni, nisba, niet, sold-out. Bisognava trovare un altro modo per partecipare al Cous cous fest di San Vito lo Capo.

Un’amica mi segnala un concorso e l’amica ricorda anche che tempo fa avevo pubblicato una ricetta di cous cous – io neanche me lo ricordavo – e allora, perché non partecipare?! Poi ti arriva una mail, di quelle che la tua ricetta è stata selezionata su 130 per concorrere alla finale “amatoriale” a San Vito lo Capo e che sarai ospite dello sponsor per una settimana, assieme ad un amico / familiare / convivente / chi ti pare. Tutto pagato: volo, hotel – che poi si rivelerà essere una casa vacanze – e qualche biglietto per degustare gratuitamente i cous cous – peraltro mai consegnati. Ma va bene così.

E così ci ritroviamo – io e gli altri 2 concorrenti selezionati per la finalissima – in un’assolatissima San Vito di fine Settembre, ma che sembra Agosto per la temperatura e per la folla che sciama nelle strade. Un quadrilatero – tra via Dante, via Savoia, via Cavour e il lungomare – fitto di stand; quattro punti di degustazione del cous cous, prodotti enogastronomici siciliani e artigianato dei paesi partecipanti – principalmente Maghreb. Allo stand dei Cous cous del mondo mi attende Piera, cuoca nella squadra italiana della scorsa edizione, premio giuria popolare; mi supporterà nella preparazione del mio piatto per 120 persone, da preparare in una di quelle cucine da “campo” con tutto, ma che poi non trovi niente.

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Facciamo la lista della spesa, partendo da una ricetta per 4 persone; numeri finali da brividi: 20 kg di cozze – da aprire e sgusciare – 5 kg di verdure – da cubettare e saltare in padella – 5 lt di brodo di pesce e 250 gamberi – da sgusciare, pastellare e friggere. Sciocchezze, mi conforta Piera. E io già le voglio bene, ma ho le gambe che mi tremano ed ho bisogno di un cannolo per riprendermi.
Nella serata della gara Andy Luotto è mattatore. Sono quelle mezze ore che si vivono completamente al di fuori della sfera del razionale: lì fuori ci sono ad aspettarti 120 persone, telecamere e microfoni.
L’impiattamento delle 120 porzioni mi sembra infinito, mentre la permanenza sul  palco lascia in me una sensazione di circa 30 secondi. Alla fine non sarò vincitore, ma va bene così.

Mi restano sabato e domenica per godermi il CCF e la spiaggia di San Vito; la manifestazione è un successo, e i numeri lo dimostrano. Più di 60mila presenze ogni anno, hotel e alberghi completi, file ai ristoranti. E poi stand del cous cous da ogni parte del mondo, verrebbe voglia di provarli tutti; peccato non sia previsto un biglietto che ne comprenda assaggi diversi. In quello in vendita sono inclusi anche vino e dolce, senza possibilità di cambiare la bevanda, neanche con acqua e neanche per i bimbi. Questa modalità scoraggia un secondo acquisto.

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Nel corso della settimana tanti appuntamenti, talk show, workshop, incontri con chef, come quello con Giancarlo Morelli. Peccato che vadano esauriti nel giro di pochi minuti e sia quasi impossibile parteciparvi. Per non parlare delle eliminatorie e finali della gara internazionale – perché c’erano anche 9 nazioni a sfidarsi tra cui – novità assoluta – gli Stati Uniti. Il CCF è innanzi tutto un festival di integrazione culturale ed è molto bella l’atmosfera multiculturale che si respira per le strade di San Vito durante la settimana del festival.

Per dovere di cronaca, nelle gara internazionale, la vittoria della giuria popolare è andata alla squadra italiana conEmanuele Russo e Antonella Pace con un Cous cous di sarpe su vellutata di aranci di mare, fritto di capone e melanzana verde, profumata al croccante d’aglio rosso di Nubia. La giuria tecnica ha invece premiato la squadra israeliana, con Boaz Choen e Ronny Basson ed il loro Cous cous con purea di ceci, con burro di lavanda e pesce, crema di melanzana affumicata e granella di cocco.